Revisione assegno di mantenimento al coniuge in caso di separazione

In ambito di separazione, l’assegno di mantenimento al coniuge è quel provvedimento assunto dal giudice che consiste nel versamento di una somma di denaro, successivamente modificabile, al coniuge più debole: suo scopo precipuo è, infatti, la tutela della parte economicamente più debole della coppia.

Con la rilevante ordinanza n. 16405/2019, la Cassazione è tornata a pronunciarsi in tema di assegno di mantenimento, in relazione ai requisiti sostanziali per la definizione del medesimo: in particolare, la Suprema Corte si è soffermata sui principi relativi alla durata ed al tenore di vita della coppia durante il matrimonio.

La vicenda trae origine dall’iniziativa di una moglie in un giudizio di separazione, la quale si vedeva rigettare dal Tribunale sia la domanda di addebito che la richiesta relativa all’assegno di mantenimento a carico dell’ex marito.

La Corte d’Appello di Venezia, riformando parzialmente tale decisione, disponeva un assegno di mantenimento a favore dell’ex moglie per un importo pari a 170 Euro mensili, in luogo dei 400 che erano stati inizialmente richiesti.

Nella determinazione dell’assegno, infatti, la Corte aveva tenuto conto di alcuni specifici parametri, quali la differente capacità reddituale e la breve durata del matrimonio e della convivenza.

Avverso la decisione del giudice di secondo grado, la donna ricorreva in Cassazione lamentando anzitutto la mancata valutazione da parte della Corte delle condotte del marito, ai fini dell’addebitabilità della separazione, nonché il mancato esame della documentazione fornita dalla moglie, da cui si sarebbero evinti ulteriori elementi relativi alla condizione reddituale dell’ex coniuge, con conseguente diversa determinazione dell’ammontare dell’assegno di mantenimento.

Con la citata ordinanza n. 16405/2019 la Suprema Corte respingeva il ricorso della moglie, sia quanto alla richiesta di addebito della separazione, sia quanto all’assegno di mantenimento.

Sotto il primo profilo, la Cassazione conferma i principi stabiliti dal giudice di secondo grado nel valutare le condotte del marito, ritenute non così gravi da integrare violazioni degli obblighi coniugali e non idonee a causare la crisi definitiva del rapporto. L’accertata situazione di infedeltà del marito, infatti, è intervenuta quando la convivenza dei coniugi era già di per sé divenuta intollerabile. 

Quanto all’assegno di mantenimento, la Cassazione, richiamando precedente giurisprudenza (in particolare Cass. n. 1162/2017), ritiene che  “alla durata del matrimonio può essere attribuito rilievo ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento”.

La decisione di ridimensionare l’assegno risulta pertanto corretta alla luce proprio della breve durata del matrimonio.

Gli Ermellini ribadiscono inoltre che all’assegno di mantenimento, previsto in ambito di separazione giudiziale, possono applicarsi i principi sanciti dalle Sezioni Unite con sentenza n. 18287/2018 in tema di assegno divorzile, poiché funzione dell’assegno “...non è più, neanche dopo la sentenza delle Sezioni Unite n. 18287 dell’11 luglio 2018, quella di realizzare un tendenziale ripristino del tenore di vita goduto da entrambi i coniugi durante il matrimonio, ma invece quello di assicurare un contributo volto a consentire al coniuge richiedente il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare”.

 

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