La legge “Gelli” (legge n. 24/2017) stabilisce che la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria sia collocata nella responsabilità aquiliana pur prevedendo la clausola di salvezza rappresentata dall”assunzione di un’obbligazione contrattuale con il paziente, senza riconoscere l’applicazione retroattiva di tale disciplina, prevalendo in tal caso la disciplina di cui all’art. 11 disp. prel. c.c.; ne consegue che ai fatti verificatisi prima della sua entrata in vigore si applicano i principi del precedente quadro normativo e quindi la responsabilità contrattuale del medico fondata sulla teoria del contatto sociale (Cass.1806/17).
La presente sentenza della Suprema Corte di Cassazione offre un’utile riflessione sullo stato dell’arte dell’onere probatorio e della tipologia di responsabilità a seguito dell’entrata in vigore della legge 24 del 2017.
L’art.7 della Legge Gelli, infatti, recita che:
“La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché’ non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina.”
Al contrario, maggiori problemi emergono in ordine alla responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, alla luce di quanto previsto dal co.3 dell’art.7 della Legge Gelli, nel quale si afferma che:
“L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.
Il giudice, nella determinazione del risarcimento del danno, tiene conto della condotta dell’esercente la professione sanitaria ai sensi dell’articolo 5 della presente legge e dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della presente legge”.
Con la riforma Gelli, si considera a tutti gli effetti superato il precedente orientamento giurisprudenziale, ritenendosi che la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria si debba considerare quale responsabilità aquiliana, a meno che non intervenga la clausola di salvezza che prevede la sussistenza di un rapporto contrattuale tra il medico e il paziente considerati. Tuttavia, ciò non significa che la legge Gelli sia da considerare quale norma retroattiva, per cui si prevede l’applicazione della norma generale di cui all’art.11 disp. prel. c.c.
Sul punto la giurisprudenza ha stabilito che “il principio dell’irretroattività della legge comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi del fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali e future di esso”, specificando tuttavia che è ammessa l’applicazione retroattiva della nuova normativa ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, i quali, sebbene conseguenti ad un fatto passato, vengano presi in considerazione in se stessi escludendosi totalmente che, attraverso una loro modifica, venga a sua volta modificato il fatto che li ha generati.
Nel caso di specie, tuttavia, gli Ermellini rilevano come la legge Gelli vada ad incidere negativamente sul fatto generatore del diritto alla prestazione, andando così a ledere ingiustificatamente il legittimo affidamento dei consociati per quanto concerne il regime contrattuale di responsabilità del medico. Si ritiene dunque che per i rapporti antecedenti all’entrata in vigore della nuova legge, si debba applicare il regime della responsabilità contrattuale anche al medico, a prescindere da un formale rapporto di dipendenza, sulla base dell’ormai conosciuta teoria del contatto sociale. Perché sussista il contatto sociale, sono necessari i seguenti requisiti: a) una relazione tra sfere giuridiche di parti determinate; b) uno “status” professionale in capo al danneggiante, tale che possa configurarsi una “culpa in faciendo” prevista nell’ordinamento giuridico; c) l’affidamento in capo al danneggiato, che viene ingenerato sia dall’appartenenza del danneggiante ad una categoria professionale cd. “protetta” (cioè una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione da parte dello Stato), sia dalla situazione relazionale che si è previamente instaurata tra i due soggetti.