Consulenza legale in Diritto di Famiglia

I diritti di abitazione e d’uso riservati al coniuge superstite dall’art. 540, secondo comma c.c., riguardano l’immobile concretamente utilizzato come residenza familiare prima della morte del de cuius, sicché essi non spettano al coniuge separato senza addebito, qualora la cessazione della convivenza renda impossibile individuare una casa adibita a residenza familiare (Cass. 13407/14).
Al coniuge separato, pur senza addebito, spetta il diritto di abitazione sulla casa già adibita a casa coniugale e in cui il de cuius aveva continuato ad abitare sino al decesso, anche se, come nel caso di specie, a seguito della separazione i tetti sotto i quali i coniugi dormivano erano oramai diversi, essendo cessata la convivenza?
A parere della Corte di legittimità, la risposta a tale quesito è negativa.
Il riferimento legislativo di partenza, come è noto, è quello dell’art. 540 c.c., secondo cui al coniuge è riservata, a titolo di legittima, la metà del patrimonio dell’altro, se questi decede, salvo il caso in cui vi sia concorso con i figli, essendo riservato un terzo al coniuge, se ve n’è solo uno, ed un quarto quando i discendenti son più d’uno.
Rimane salva la fattispecie di cui all’art. 540, II comma, c.c., per cui al coniuge, anche quando egli od ella concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, gravando tali diritti sulla cosiddetta quota disponibile, se essa è sufficiente, e altrimenti per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla riserva dei figli.

Quindi il diritto di abitazione nella casa adibita a residenza famigliare spetta al coniuge separato?

Tale diritto di abitazione, a parere degli ermellini, ha ad oggetto la casa coniugale, vale a dire l’immobile che in concreto era adibito a residenza familiare, cioè quello ove gli stessi vivevano insieme stabilmente, organizzando la vita domestica del gruppo familiare.
E’ importante però sottolineare come l’oggetto di tale tutela non sia il bisogno dell’alloggio ma altri interessi di natura non patrimoniale, quali la conservazione della memoria del coniuge scomparso, il mantenimento del tenore di vita, delle relazioni sociali e degli status symbol goduti durante il matrimonio.
L’art. 548 I comma c.c., d’altro canto, prevede però che il coniuge separato senza addebito sia equiparato, quanto ai diritti successori, al coniuge non separato, il che dovrebbe far legittimamente pensare che anche al coniuge separato senza addebito debba riconoscersi il diritto di abitazione ed il diritto di uso di cui all’art. 540, II comma.c.c
Tuttavia, con un’interpretazione (forse, ma non troppo) di buon senso, che di fatto si va però a sostituire alla legge, la Cassazione ritiene che in caso di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare faccia venir meno il presupposto oggettivo per il riconoscimento di tali diritti, essendo per i giudici del Palazzaccio l’applicabilità di tale norma condizionata, per forza di cose, all’effettiva esistenza, al momento del decesso, di una casa adibita ad abitazione familiare, il che non ricorre quando, a seguito di separazione personale e di provvedimento presidenziale, sia cessata la convivenza.
Nel caso di specie, la convivenza era cessata da oltre un lustro.

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